C’é ancora la luna

Sparano ancora, colpi cupi e altri più deboli a raffica. A volte cala un silenzio per qualche istante, si sentono delle grida e ricominciano i colpi.

É autunno e dopo la scuola ho accompagnato mia madre al mercato. Noi abbiamo tanto latte ed é facile avere in cambio del pane e del pesce. Papá dice che dovrebbe farci del formaggio, però non si fa mai in tempo: serve per scambiarlo. Poi mamma dice che é già duro non farsi rubare le capre che per nascondere anche il formaggio ci vorrebbe un esercito. Mio zio ci riesce, ma lui non vive qui, é nei monti e con lui i miei otto cugini, riesce a lavorare tanto. Per loro é facile non farsi rubare nulla, sentono tutto e sono in tanti. Papà invece diceva che io e mia sorella dovevamo studiare, così siamo venuti in città.

Tira un’aria fresca e porta con se l’odore della benzina e del fiume. Si sentono sempre le grida e i colpi. Mi sta tornando il sonno. La mattina poi non mi voglio mai svegliare, adesso che le giornate sono piú corte è ancora buio quando mi alzo, papà non c’è, è giá uscito a lavorare oppure a cercare un lavoro. Dice che in cittá il lavoro lo pagano bene, ma è difficile averlo. Quando eravamo con gli zii il lavoro c’è n’era tanto e per tutti. Anch’io lavoravo, a prender fascine, portare i sassi a papà per rifare i muri scesi con la pioggia, lavare i secchi del latte; insomma tutti lavoravano, ma c’era poco da mangiare.

Qui non sempre c’é il lavoro e anche poco da mangiare. Per le strade vedi tante persone che camminano con gli stessi sguardi e le stesse sigarette. Sembrano tutti in silenzio in attesa di qualcosa che solo loro sanno, quando c’é un mercato é diverso. Certo, si chiama mercato ma non é come quello in valle dagli zii. Non capisco come fanno, ma a un certo punto arriva qualcuno che dice a mamma che in un posto tra un’ora c’è il mercato. Allora mamma lo dice alla signora del piano di sopra che é sola, poi si mette un fazzoletto in testa, quello giallo, e vá alle capre. Se siamo fortunati il mercato c’è quando le capre sono piene e allora sia mamma che io portiamo due grosse bottiglie, di quelle con l’apertura larga per il latte, e ci si possono fare dei buoni scambi al mercato.

Che non è il mercato che era in valle dagli zii. In cittá si va tutti nel posto che ti hanno detto e si cammina, camminano tutti. Chi vuole trovare qualcosa e chi ha qualcosa. Ogni tanto qualcuno si avvicina e chiede a mamma “hai visto del pane?”, “sai delle scarpe?” Lei risponde “no” oppure “dalla signora con il fazzoletto rosso”, “uno con un maglione blu”, “ecco, li all’angolo di quella strada”. A volte qualcuno si avvicina a mamma con delle bottiglie uguali alle nostre, ma le muove bene perché sono vuote. Mamma sorride e si cammina insieme verso un portone o verso quello che una volta era un negozio ed ora sembra una scatola di cartone rotta di quelle che usiamo noi bambini per scivolare. Mentre si cammina ci si mette d’accordo e una volta nel posto, ci scambiamo una o due bottiglie e qualche altra cosa.

Una volta si sono avvicinati in due e tutti e due volevano il nostro latte. Si sono messi a litigare su chi ne aveva piú bisogno e su chi aveva visto prima mamma. La gente si é fatta in disparte ed è arrivato un militare. Un militare di quelli vestiti normali, ma che li riconosci per la fascia al braccio ed il giubbotto tenuto aperto da cui si vede la pistola nei pantaloni. Ha detto di andar via, ha a preso mamma per un braccio e ci ha portati via. Al mercato non si puó far molta confusione e si deve fare in fretta.

Dagli zii era diverso il mercato. Intanto si capiva subito chi c’era cosa faceva, perché chi aveva le cose da vendere era fermo, invece quelli che compravano si muovevano. Secondo me cosí é meglio, c’è meno confusione. Poi ci si salutava, anche da lontano e ogni tanto qualcuno mi regalava qualcosa o mi prendeva in braccio. E c’erano tanti odori. Qui se si parla ad alta voce viene un militare, o uno di quelli con la fascia al braccio e ti allontana, oppure uno di quelli con la divisa che dicono che ti arrestano. Che significa sempre che ti allontanano, ma ti portano in un posto che decidono loro e ti prendono tutte le cose senza darti nulla in cambio. Io quando sento dei rumori al mercato spero sempre di vedere un militare con la fascia al braccio.

Se alzo gli occhi ora vedo la Luna. La Luna e anche un bel pezzo di cielo. Dal mio letto se alzo gli occhi vedo sempre il cielo, cosí d’estate dalla luce riesco ad alzarmi prima di mamma e papà e vado ad infilarmi nel loro letto. Mi piace. Veramente da quando è nata mia sorella non me lo hanno piú fatto fare, però da quando siamo venuti in città mamma ogni tanto mi lascia salire e me lo fa capire allungando una mano e sorridendo. Secondo me quando mia sorella lo avrá capito bene, anche lei verrá nel letto di mamma e papá d’estate. D’inverno no, perché se alzo gli occhi dalla finestra é sempre buio, non so se è presto o tardi e non voglio svegliare mamma troppo presto.

Al mercato devi essere fortunato. Se lo sei, cambi subito il latte con quello che ti serve, altrimenti devi restare un po’ di più. Se sei sfortunato arrivano i militari. Tempo fá siamo stati tanto sfortunati perché durante il mercato si è sentito un botto forte forte e la gente si è messa tutta a strillare. Noi eravamo in un portone a scambiarci il latte e io ho pensato “con tutto questo rumore adesso arrivano tutti i tipi di soldati”. Perché i soldati non si vedono. Se non fanno la guerra stanno in caserma ed escono quando si fa tanto rumore. In quei casi i bambini come me è meglio che stanno zitti e fermi, lo dice sempre papà. Per evitare problemi io nemmeno li guardo in faccia i soldati. Quella volta invece non é arrivato nessuno, ma mamma si era spaventata di piú di quando arrivano i militari. Peró, mentre correvamo, diceva in continuazione “che, fortuna, che fortuna, grazie Dio, grazie Dio” e a casa ha pianto.

Adesso non so bene che fare. Prima è arrivato papà in camera da letto. Fuori si sentiva un rumore di motori e di ferri, simile alla catena del pozzo di mio zio, ma di più come se fossero tante catene. Poi siamo andati in cucina dove c’erano mamma e mia sorella, ma senza accendere la luce, con le candele come quando eravamo a casa degli zii. Nella cucina ci sono le finestre da cui si vede la strada che va dritta giù fino al ponte sul fiume. Papà si è avvicinato alla finestra ha guardato fuori e ha detto una cosa che non conosco: “sono i carri armati”. Io ho pensato che fossero dei carri che si usano qui in città. Mamma ha detto che non era possibile, aveva sentito che erano ancora lontani, è andata alla finestra tenendo mia sorella in braccio per vedere anche lei. C’è stato un botto così forte, ma così forte che si è alzata la polvere. Ma tanto da non vederci più, e si che la casa la puliamo ogni giorno. Ho visto delle cose muoversi intorno a ma ma non si capiva cosa fossero. Il rumore dei ferri e dei motori non si sentiva più, anzi non si sentiva nulla a parte un ronzio che però sembrava che venisse dalla mia testa, che strano. Poi piano piano la polvere è scesa ma non vedevo né mia mamma, né mia sorella, la finestra era spalancata. Sembra piú grossa del normale e se alzò gli occhi vedo il cielo.

Dopo un po’ di tempo ho sentito papà che chiamava mamma e anche me, ma piano con una voce bassa. Ci credo, in città se si fa rumore arrivano i soldati. Poi non capisco perché mi chiamava, è qui vicino a me. È immobile, in silenzio per non farsi sentire dai militari; penso che anch’io devo fare come papà essere immobile, in silenzio. Tanto non riesco molto a muovermi, non capisco dove sono le gambe, non le sento bene, come quando mio cugino mi butta a terra e mi immobilizza. Però ho tanto sonno e se alzo gli occhi vedo ancora la Luna, ma è diventata tutta opaca e si sentono ancora degli spari. Mi sa che faccio una dormita lunga lunga e domani a scuola mi faccio spiegare un pò di cose dalla maestra e dai compagni che hanno vissuto sempre in cittá.

Sparano ancora, colpi cupi e altri più deboli a raffica. A volte cala un silenzio per qualche istante, si sentono delle grida e ricominciano i colpi.

É autunno e dopo la scuola ho accompagnato mia madre al mercato. Noi abbiamo tanto latte ed é facile avere in cambio del pane e del pesce. Papá dice che dovrebbe farci del formaggio, però non si fa mai in tempo: serve per scambiarlo. Poi mamma dice che é già duro non farsi rubare le capre che per nascondere anche il formaggio ci vorrebbe un esercito. Mio zio ci riesce, ma lui non vive qui, é nei monti e con lui i miei otto cugini, riesce a lavorare tanto. Per loro é facile non farsi rubare nulla, sentono tutto e sono in tanti. Papà invece diceva che io e mia sorella dovevamo studiare, così siamo venuti in città.

Tira un’aria fresca e porta con se l’odore della benzina e del fiume. Si sentono sempre le grida e i colpi. Mi sta tornando il sonno. La mattina poi non mi voglio mai svegliare, adesso che le giornate sono piú corte è ancora buio quando mi alzo, papà non c’è, è giá uscito a lavorare oppure a cercare un lavoro. Dice che in cittá il lavoro lo pagano bene, ma è difficile averlo. Quando eravamo con gli zii il lavoro c’è n’era tanto e per tutti. Anch’io lavoravo, a prender fascine, portare i sassi a papà per rifare i muri scesi con la pioggia, lavare i secchi del latte; insomma tutti lavoravano, ma c’era poco da mangiare.

Qui non sempre c’é il lavoro e anche poco da mangiare. Per le strade vedi tante persone che camminano con gli stessi sguardi e le stesse sigarette. Sembrano tutti in silenzio in attesa di qualcosa che solo loro sanno, quando c’é un mercato é diverso. Certo, si chiama mercato ma non é come quello in valle dagli zii. Non capisco come fanno, ma a un certo punto arriva qualcuno che dice a mamma che in un posto tra un’ora c’è il mercato. Allora mamma lo dice alla signora del piano di sopra che é sola, poi si mette un fazzoletto in testa, quello giallo, e vá alle capre. Se siamo fortunati il mercato c’è quando le capre sono piene e allora sia mamma che io portiamo due grosse bottiglie, di quelle con l’apertura larga per il latte, e ci si possono fare dei buoni scambi al mercato.

Che non è il mercato che era in valle dagli zii. In cittá si va tutti nel posto che ti hanno detto e si cammina, camminano tutti. Chi vuole trovare qualcosa e chi ha qualcosa. Ogni tanto qualcuno si avvicina e chiede a mamma “hai visto del pane?”, “sai delle scarpe?” Lei risponde “no” oppure “dalla signora con il fazzoletto rosso”, “uno con un maglione blu”, “ecco, li all’angolo di quella strada”. A volte qualcuno si avvicina a mamma con delle bottiglie uguali alle nostre, ma le muove bene perché sono vuote. Mamma sorride e si cammina insieme verso un portone o verso quello che una volta era un negozio ed ora sembra una scatola di cartone rotta di quelle che usiamo noi bambini per scivolare. Mentre si cammina ci si mette d’accordo e una volta nel posto, ci scambiamo una o due bottiglie e qualche altra cosa.

Una volta si sono avvicinati in due e tutti e due volevano il nostro latte. Si sono messi a litigare su chi ne aveva piú bisogno e su chi aveva visto prima mamma. La gente si é fatta in disparte ed è arrivato un militare. Un militare di quelli vestiti normali, ma che li riconosci per la fascia al braccio ed il giubbotto tenuto aperto da cui si vede la pistola nei pantaloni. Ha detto di andar via, ha a preso mamma per un braccio e ci ha portati via. Al mercato non si puó far molta confusione e si deve fare in fretta.

Dagli zii era diverso il mercato. Intanto si capiva subito chi c’era cosa faceva, perché chi aveva le cose da vendere era fermo, invece quelli che compravano si muovevano. Secondo me cosí é meglio, c’è meno confusione. Poi ci si salutava, anche da lontano e ogni tanto qualcuno mi regalava qualcosa o mi prendeva in braccio. E c’erano tanti odori. Qui se si parla ad alta voce viene un militare, o uno di quelli con la fascia al braccio e ti allontana, oppure uno di quelli con la divisa che dicono che ti arrestano. Che significa sempre che ti allontanano, ma ti portano in un posto che decidono loro e ti prendono tutte le cose senza darti nulla in cambio. Io quando sento dei rumori al mercato spero sempre di vedere un militare con la fascia al braccio.

Se alzo gli occhi ora vedo la Luna. La Luna e anche un bel pezzo di cielo. Dal mio letto se alzo gli occhi vedo sempre il cielo, cosí d’estate dalla luce riesco ad alzarmi prima di mamma e papà e vado ad infilarmi nel loro letto. Mi piace. Veramente da quando è nata mia sorella non me lo hanno piú fatto fare, però da quando siamo venuti in città mamma ogni tanto mi lascia salire e me lo fa capire allungando una mano e sorridendo. Secondo me quando mia sorella lo avrá capito bene, anche lei verrá nel letto di mamma e papá d’estate. D’inverno no, perché se alzo gli occhi dalla finestra é sempre buio, non so se è presto o tardi e non voglio svegliare mamma troppo presto.

Al mercato devi essere fortunato. Se lo sei, cambi subito il latte con quello che ti serve, altrimenti devi restare un po’ di più. Se sei sfortunato arrivano i militari. Tempo fá siamo stati tanto sfortunati perché durante il mercato si è sentito un botto forte forte e la gente si è messa tutta a strillare. Noi eravamo in un portone a scambiarci il latte e io ho pensato “con tutto questo rumore adesso arrivano tutti i tipi di soldati”. Perché i soldati non si vedono. Se non fanno la guerra stanno in caserma ed escono quando si fa tanto rumore. In quei casi i bambini come me è meglio che stanno zitti e fermi, lo dice sempre papà. Per evitare problemi io nemmeno li guardo in faccia i soldati. Quella volta invece non é arrivato nessuno, ma mamma si era spaventata di piú di quando arrivano i militari. Peró, mentre correvamo, diceva in continuazione “che, fortuna, che fortuna, grazie Dio, grazie Dio” e a casa ha pianto.

Adesso non so bene che fare. Prima è arrivato papà in camera da letto. Fuori si sentiva un rumore di motori e di ferri, simile alla catena del pozzo di mio zio, ma di più come se fossero tante catene. Poi siamo andati in cucina dove c’erano mamma e mia sorella, ma senza accendere la luce, con le candele come quando eravamo a casa degli zii. Nella cucina ci sono le finestre da cui si vede la strada che va dritta giù fino al ponte sul fiume. Papà si è avvicinato alla finestra ha guardato fuori e ha detto una cosa che non conosco: “sono i carri armati”. Io ho pensato che fossero dei carri che si usano qui in città. Mamma ha detto che non era possibile, aveva sentito che erano ancora lontani, è andata alla finestra tenendo mia sorella in braccio per vedere anche lei. C’è stato un botto così forte, ma così forte che si è alzata la polvere. Ma tanto da non vederci più, e si che la casa la puliamo ogni giorno. Ho visto delle cose muoversi intorno a ma ma non si capiva cosa fossero. Il rumore dei ferri e dei motori non si sentiva più, anzi non si sentiva nulla a parte un ronzio che però sembrava che venisse dalla mia testa, che strano. Poi piano piano la polvere è scesa ma non vedevo né mia mamma, né mia sorella, la finestra era spalancata. Sembra piú grossa del normale e se alzò gli occhi vedo il cielo.

Dopo un po’ di tempo ho sentito papà che chiamava mamma e anche me, ma piano con una voce bassa. Ci credo, in città se si fa rumore arrivano i soldati. Poi non capisco perché mi chiamava, è qui vicino a me. È immobile, in silenzio per non farsi sentire dai militari; penso che anch’io devo fare come papà essere immobile, in silenzio. Tanto non riesco molto a muovermi, non capisco dove sono le gambe, non le sento bene, come quando mio cugino mi butta a terra e mi immobilizza. Però ho tanto sonno e se alzo gli occhi vedo ancora la Luna, ma è diventata tutta opaca e si sentono ancora degli spari. Mi sa che faccio una dormita lunga lunga e domani a scuola mi faccio spiegare un pò di cose dalla maestra e dai compagni che hanno vissuto sempre in cittá.

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