Pensieri sul “ROI dell’Amore”

ROI significa Return Of Investment, misura in quanto tempo i benefici economici di un investimento eguagliano l’importo investito. Serve per misurare l’efficacia di un investimento e per poter decidere, tra due o più, quale convenga fare. È un termine economico ben preciso che sembra stonare affiancato alla parola amore.

Invece Domitilla Ferrari in un suo intervento all’internet festival 2013, dal titolo Il ROI dell’amore li affianca in modo provocatorio. In poche pagine racchiude una serie di consigli per “una comunicazione (online, offline, in ogni luogo) più sincera” perché, sintetizza, “Il mio tempo voglio passarlo solo con chi se lo merita. E a fare cose belle“. Leggendo il materiale dell’intervento, ho apprezzato immediatamente due meriti notevoli: quello di affrontare il tema dei contenuti della comunicazione sul web, e una semplicità unita ad una concretezza di espressione che mi ha affascinato. Quindi ho letto e riletto queste pagine perché, da una parte si è accesa la mia curiosità, ma dall’altra, non lo nascondo, volevo essere capace di copiare quello stile incisivo. Non sono un genio, ma apprezzo la distinzione che fa Picasso con la frase “I mediocri imitano, i geni copiano“, nobilitando un’arte che non viene insegnata da nessuno, ma che ho sviluppato in anni di compiti in classe.

Nel mio percorso, in un primo momento, ero d’accordo su tutto. Ma rileggendo si sono accavallate riflessioni ed osservazioni che hanno dato corpo ad altre opinioni, anche differenti, che mi hanno fatto divagare su altri temi in modo, come al solito, disordinato. Ho deciso di dar loro ordine e di fissare i punti utili ad altre divagazioni. Vi avviso, non ero presente all’intervento di Domitilla, ho solo letto il materiale; quindi questi pensieri non sono né una critica né un giudizio di un lavoro che potrei non aver capito. Piuttosto ne sono la conseguenza e l’espressione del segno che quel lavoro ha lasciato su di me.

Cosa ti aspetti dagli altri? Reciprocità. – sembra strano, parlando di comunicazione, partire da qui. Ma trovo giusto che queste aspettative siano chiare e abbiano attenzione. Ed è la reciprocitá, secondo Domitilla, l’aspettativa alla base di una comunicazione sincera. Mi sembra bello ed auspicabile e lo é quanto piú la comunicazione è personale, nel senso che viene da una persona. Non personale in quanto comunicazione di cose intime. Mi è chiarissimo sul lavoro: io cerco di parlare come persona, come professionista; perché voglio parlare a professionisti e voglio sentire il loro parere. A volte invece devo parlare in modo impersonale per veicolare comunicazioni aziendali, in quel caso mi aspetto di ricevere, e capire, le posizioni delle aziende rappresentate da quei professionisti.

Quanto amore ricevi (non sempre) dipende da quanto dai.  Qui ho un’opinione drasticamente diversa. Quanto amore ricevi dipende sempre da quanto ne dai: solo che non è direttamente proporzionale. Se io non amo nessuno, comunque sarò attorniato da persone che mi possono amare o meno. Se esistono quelli che mi amano, lo fanno anche a dispetto del mio comportamento; lo fanno nel più puro dei modi: gratuitamente perché non ne ricevono da me. Questi continueranno ad amarmi. Invece chi non mi ama, se io cambiassi atteggiamento, potrebbe fare altrettanto ed iniziare ad amarmi anche lui. Insomma penso che dare più amore non possa che farcene avere di più, ma non in misura uguale o correlata.

PS divagazioni insidiose: ma cos’è l’amore? Esiste un unico tipo di amore o ce ne sono più d’uno? Allora qui di che amore si parla? Io ho sempre pensato a tre tipi d’amore. Uno è quello verso i figli: è un amore animale, quasi chimico. Non è detto ci sia sempre tra genitore e figlio, né che sia sempre reciproco; è più immediato tra madre e figlio; è istintivo. Un’altro è quello di coppia: è un fuoco. Come tale può nascere da una scintilla, improvvisamente; oppure accendersi pian piano, avviando la combustione prima da una parte poi dall’altra. Comunque deve essere alimentato. Non credo a chi dice che un amore nella coppia è finito: o non era amore, non è mai partito; i due assaporavano il calore di uno scaldino elettrico, ma non hanno mai visto la fiamma. Oppure si è spento per mancanza di legna; in questo caso si farebbe bene a cercare tra i rami dei motivi che avevano fatto accendere la fiamma se c’è ancora legna buona, o se possiamo usarne di differente. Ho molti amici che, dopo anni passati ad accendere fuochi con alcool o benzina su legna a casaccio, ora guardano un mucchio di ceneri chiedendosi perché. Il terzo amore è raro, universale; è l’amore per gli altri. Non lo so delineare bene, anche questo va coltivato e fatto crescere; vede gli altri al centro delle nostre attenzioni, in modo gratuito, senza alcun ritorno. È uno degli elementi di un’amicizia. Ma non so come si debba coltivarlo, io ho solo un modo per verificarlo: mi domando “per chi lo faccio?”. Per intenderci, le dame dei circoli di carità di fine ottocento quando, sedute attorno ad un thé, preparavano la pesca di beneficenza, mettevano se stesse e la bella figura che facevano come risposta alla mia domanda.

Quanto amore dai ti rende una persona migliore – Ho conosciuto persone che non la pensano così. Anzi, considerano il fatto di dare amore una debolezza, tendendo a relazionarsi con gli altri in modo autoritario o altezzoso. Quasi sempre persone insicure nel loro intimo, che hanno ricevuto poco amore. Spero sempre, per loro, che abbiano la fortuna di assaporare gli effetti dell’amore oppure la fortuna di non rendersi mai conto di cosa si perdono.

Dopo iniziano i dieci consigli di Domitilla sul tema.

1-Condividi interessi, ma prima coltiva interessi – Questo è vero nella vita; da sempre. Lo stiamo scordando. Con alcuni amici parliamo spesso dei social network e di come vengono frequentati dai ragazzi; molti di loro li vedono come cose negative che non aiutano a sviluppare una reale capacità di socializzazione; io stesso vengo considerato come un seguace-sacerdote di una prospettiva futura che non piace e che è considerata alienante. Una volta ho fatto un gioco; in una delle nostre cene ho ascoltato con attenzione i discorsi tra noi, ho isolato i contenuti di una socialitá reale e per questo considerata accettabile. Bene per tre ore si è parlato di cosa ha fatto tizio, di quello che è capitato a caio, di dove ha traslocato sempronio, ecc. Nessuno, dico nessuno, tra una decina di, quasi o over, cinquantenni ha parlato di una realizzazione, un fatto, un’emozione sua! Alla fine ho ripreso l’attenzione ponendo la domanda:”di cosa si è parlato?”, tutti sono stati concordi nel dire: “di noi, delle nostre cose”. Domitilla, su questo non posso che essere d’accordo, sia per il mondo del web che per quello reale.

2-Siamo vasi comunicanti – Condividi conoscenza e conoscenze Si, non ricordo chi ha detto “se ho un pezzo di pane e lo condivido io avró meno pane e ciascuno ne avrà metà. Se ho un’idea e la condivido, ciascuno avrà un’idea”. Sicuramente bello, forse in ambito lavorativo non è adatto se preso alla lettera.

3-Dai valore al tempo, sii snob, impara a dire di noTempo e no, quante divagazioni! Una frase così non può che essere di stimolo, ma non la condivido nella sua sinteticitá. Il tempo, secondo me, è la materia prima, o meglio la nuova ricchezza su cui si basa la nuova societá che sostituirá la morente societá industriale. Quest’ultima vedeva la sua materia prima nella forza lavoro, ma queste sono riflessioni che mi portano lontanissimo e meritano un’altro spazio. Dico lontanissimo perché oltre a questa osservazione, divago pensando al fatto che oggi il tempo lo vedo come un problema sempre più ristretto a societá ricche, mentre altri miliardi di individui hanno nella fame o nel fuggire dalle guerre la gran parte della loro attenzione. In qualche modo penso che sia anche una conseguenza che negli ultimi cinquant’anni, per la prima volta dall’impero Romano, non ci sono state guerre nell’Europa occidentale. Invece non penso che l’attenzione delle persone sia sul dire di no o di si. Penso siano falsi problemi. Perché si vuole imparare a dire di no? Perché con troppi si, affoghiamo e non concludiamo nulla? Allora impariamo a dire un si responsabile, un si che ci espone e ci impegna di persona per la sua realizzazione. Perché si vuole imparare a dire di si? Perché i no di continuo ci isolano e ci rendono burberi e imbronciati come bambini capricciosi? Allora impariamo a dire un no che sia una nostra scelta vera, non un’argine a quello che ci viene proposto/imposto. Insomma penso che il nodo sia nel coltivare e far crescere la nostra capacitá di scelta e di saper assumerci le responsabilità dei nostri si e no. Per dirla differentemente: dire di no per dar valore al tempo mi sembra una comoda alternativa a dire un no circonstanziato.

4-Dai valore al tempo degli altri, impara a dire noi – Altri, noi? Penso che “noi” sia una parola pericolosa con una doppia accezione. Penso anche che gli ultimi decenni si sono basati molto sulla confusione tra le due. Se siamo due o tre attorno ad un argomento o un’attivitá, il “noi” può essere messo al centro per unirci ed identificare il gruppo che ha il comune obiettivo o interesse. Ma se, alle stesse due o tre persone il noi lo mettiamo intorno diventa confine e baluardo per separarci e proteggerci dal “voi” è dagli altri. Andate ad una riunione di condominio e pensate al noi, dov’è? Al centro di tutti i condomini che dividono, dormono, vivono, piangono sotto lo stesso tetto, oppure a difesa di quelli che vogliono il riscaldamento dalle 14 alle 22 contro quelli che lo vogliono dalle 18 alle 24?
Il valore al tempo degli altri è rispetto, sensibilitá, attenzione. Non è un esercizio inutile.

Non vado oltre, per ora, nelle mie osservazioni; rischia di diventare un romanzo. Leggetevi il materiale di Domitilla, ne riparliamo alla prossima. 

ROI significa Return Of Investment, misura in quanto tempo i benefici economici di un investimento eguagliano l’importo investito. Serve per misurare l’efficacia di un investimento e per poter decidere, tra due o più, quale convenga fare. È un termine economico ben preciso che sembra stonare affiancato alla parola amore. 

Invece Domitilla Ferrari in un suo intervento all’internet festival 2013, dal titolo Il ROI dell’amore li affianca in modo provocatorio. In poche pagine racchiude una serie di consigli per “una comunicazione (online, offline, in ogni luogo) più sincera” perché, sintetizza, “Il mio tempo voglio passarlo solo con chi se lo merita. E a fare cose belle“. Leggendo il materiale dell’intervento, ho apprezzato immediatamente due meriti notevoli: quello di affrontare il tema dei contenuti della comunicazione sul web, e una semplicità unita ad una concretezza di espressione che mi ha affascinato. Quindi ho letto e riletto queste pagine perché, da una parte si è accesa la mia curiosità, ma dall’altra, non lo nascondo, volevo essere capace di copiare quello stile incisivo. Non sono un genio, ma apprezzo la distinzione che fa Picasso con la frase “I mediocri imitano, i geni copiano“, nobilitando un’arte che non viene insegnata da nessuno, ma che ho sviluppato in anni di compiti in classe.

Nel mio percorso, in un primo momento, ero d’accordo su tutto. Ma rileggendo si sono accavallate riflessioni ed osservazioni che hanno dato corpo ad altre opinioni, anche differenti, che mi hanno fatto divagare su altri temi in modo, come al solito, disordinato. Ho deciso di dar loro ordine e di fissare i punti utili ad altre divagazioni. Vi avviso, non ero presente all’intervento di Domitilla, ho solo letto il materiale; quindi questi pensieri non sono né una critica né un giudizio di un lavoro che potrei non aver capito. Piuttosto ne sono la conseguenza e l’espressione del segno che quel lavoro ha lasciato su di me.

Cosa ti aspetti dagli altri? Reciprocità. – sembra strano, parlando di comunicazione, partire da qui. Ma trovo giusto che queste aspettative siano chiare e abbiano attenzione. Ed è la reciprocitá, secondo Domitilla, l’aspettativa alla base di una comunicazione sincera. Mi sembra bello ed auspicabile e lo é quanto piú la comunicazione è personale, nel senso che viene da una persona. Non personale in quanto comunicazione di cose intime. Mi è chiarissimo sul lavoro: io cerco di parlare come persona, come professionista; perché voglio parlare a professionisti e voglio sentire il loro parere. A volte invece devo parlare in modo impersonale per veicolare comunicazioni aziendali, in quel caso mi aspetto di ricevere, e capire, le posizioni delle aziende rappresentate da quei professionisti.

Quanto amore ricevi (non sempre) dipende da quanto dai –.  Qui ho un’opinione drasticamente diversa. Quanto amore ricevi dipende sempre da quanto ne dai: solo che non è direttamente proporzionale. Se io non amo nessuno, comunque sarò attorniato da persone che mi possono amare o meno. Se esistono quelli che mi amano, lo fanno anche a dispetto del mio comportamento; lo fanno nel più puro dei modi: gratuitamente perché non ne ricevono da me. Questi continueranno ad amarmi. Invece chi non mi ama, se io cambiassi atteggiamento, potrebbe fare altrettanto ed iniziare ad amarmi anche lui. Insomma penso che dare più amore non possa che farcene avere di più, ma non in misura uguale o correlata. 

PS divagazioni insidiose: ma cos’è l’amore? Esiste un unico tipo di amore o ce ne sono più d’uno? Allora qui di che amore si parla? Io ho sempre pensato a tre tipi d’amore. Uno è quello verso i figli: è un amore animale, quasi chimico. Non è detto ci sia sempre tra genitore e figlio, né che sia sempre reciproco; è più immediato tra madre e figlio; è istintivo. Un’altro è quello di coppia: è un fuoco. Come tale può nascere da una scintilla, improvvisamente; oppure accendersi pian piano, avviando la combustione prima da una parte poi dall’altra. Comunque deve essere alimentato. Non credo a chi dice che un amore nella coppia è finito: o non era amore, non è mai partito; i due assaporavano il calore di uno scaldino elettrico, ma non hanno mai visto la fiamma. Oppure si è spento per mancanza di legna; in questo caso si farebbe bene a cercare tra i rami dei motivi che avevano fatto accendere la fiamma se c’è ancora legna buona, o se possiamo usarne di differente. Ho molti amici che, dopo anni passati ad accendere fuochi con alcool o benzina su legna a casaccio, ora guardano un mucchio di ceneri chiedendosi perché. Il terzo amore è raro, universale; è l’amore per gli altri. Non lo so delineare bene, anche questo va coltivato e fatto crescere; vede gli altri al centro delle nostre attenzioni, in modo gratuito, senza alcun ritorno. È uno degli elementi di un’amicizia. Ma non so come si debba coltivarlo, io ho solo un modo per verificarlo: mi domando “per chi lo faccio?”. Per intenderci, le dame dei circoli di carità di fine ottocento quando, sedute attorno ad un thé, preparavano la pesca di beneficenza, mettevano se stesse e la bella figura che facevano come risposta alla mia domanda.

Quanto amore dai ti rende una persona migliore. Ho conosciuto persone che non la pensano così. Anzi, considerano il fatto di dare amore una debolezza, tendendo a relazionarsi con gli altri in modo autoritario o altezzoso. Quasi sempre persone insicure nel loro intimo, che hanno ricevuto poco amore. Spero sempre, per loro, che abbiano la fortuna di assaporare gli effetti dell’amore oppure la fortuna di non rendersi mai conto di cosa si perdono.

Dopo iniziano i dieci consigli di Domitilla sul tema.

1-Condividi interessi, ma prima coltiva interessi. Questo è vero nella vita; da sempre. Lo stiamo scordando. Con alcuni amici parliamo spesso dei social network e di come vengono frequentati dai ragazzi; molti di loro li vedono come cose negative che non aiutano a sviluppare una reale capacità di socializzazione; io stesso vengo considerato come un seguace-sacerdote di una prospettiva futura che non piace e che è considerata alienante. Una volta ho fatto un gioco; in una delle nostre cene ho ascoltato con attenzione i discorsi tra noi, ho isolato i contenuti di una socialitá reale e per questo considerata accettabile. Bene per tre ore si è parlato di cosa ha fatto tizio, di quello che è capitato a caio, di dove ha traslocato sempronio, ecc. Nessuno, dico nessuno, tra una decina di, quasi o over, cinquantenni ha parlato di una realizzazione, un fatto, un’emozione sua! Alla fine ho ripreso l’attenzione ponendo la domanda:”di cosa si è parlato?”, tutti sono stati concordi nel dire: “di noi, delle nostre cose”. Domitilla, su questo non posso che essere d’accordo, sia per il mondo del web che per quello reale.

2-Siamo vasi comunicanti. Condividi conoscenza e conoscenze Si, non ricordo chi ha detto “se ho un pezzo di pane e lo condivido io avró meno pane e ciascuno ne avrà metà. Se ho un’idea e la condivido, ciascuno avrà un’idea”. Sicuramente bello, forse in ambito lavorativo non è adatto se preso alla lettera.

3-Dai valore al tempo, sii snob, impara a dire di no. Tempo e no, quante divagazioni! Una frase così non può che essere di stimolo, ma non la condivido nella sua sinteticitá. Il tempo, secondo me, è la materia prima, o meglio la nuova ricchezza su cui si basa la nuova societá che sostituirá la morente societá industriale. Quest’ultima vedeva la sua materia prima nella forza lavoro, ma queste sono riflessioni che mi portano lontanissimo e meritano un’altro spazio. Dico lontanissimo perché oltre a questa osservazione, divago pensando al fatto che oggi il tempo lo vedo come un problema sempre più ristretto a societá ricche, mentre altri miliardi di individui hanno nella fame o nel fuggire dalle guerre la gran parte della loro attenzione. In qualche modo penso che sia anche una conseguenza che negli ultimi cinquant’anni, per la prima volta dall’impero Romano, non ci sono state guerre nell’Europa occidentale. Invece non penso che l’attenzione delle persone sia sul dire di no o di si. Penso siano falsi problemi. Perché si vuole imparare a dire di no? Perché con troppi si, affoghiamo e non concludiamo nulla? Allora impariamo a dire un si responsabile, un si che ci espone e ci impegna di persona per la sua realizzazione. Perché si vuole imparare a dire di si? Perché i no di continuo ci isolano e ci rendono burberi e imbronciati come bambini capricciosi? Allora impariamo a dire un no che sia una nostra scelta vera, non un’argine a quello che ci viene proposto/imposto. Insomma penso che il nodo sia nel coltivare e far crescere la nostra capacitá di scelta e di saper assumerci le responsabilità dei nostri si e no. Per dirla differentemente: dire di no per dar valore al tempo mi sembra una comoda alternativa a dire un no circonstanziato.

3-Dai valore al tempo degli altri, impara a dire noi. Altri, noi? Penso che “noi” sia una parola pericolosa con una doppia accezione. Penso anche che gli ultimi decenni si sono basati molto sulla confusione tra le due. Se siamo due o tre attorno ad un argomento o un’attivitá, il “noi” può essere messo al centro per unirci ed identificare il gruppo che ha il comune obiettivo o interesse. Ma se, alle stesse due o tre persone il noi lo mettiamo intorno diventa confine e baluardo per separarci e proteggerci dal “voi” è dagli altri. Andate ad una riunione di condominio e pensate al noi, dov’è? Al centro di tutti i condomini che dividono, dormono, vivono, piangono sotto lo stesso tetto, oppure a difesa di quelli che vogliono il riscaldamento dalle 14 alle 22 contro quelli che lo vogliono dalle 18 alle 24?
Il valore al tempo degli altri è rispetto, sensibilitá, attenzione. Non è un esercizio inutile.

Non vado oltre, per ora, nelle mie osservazioni; rischia di diventare un romanzo. Leggetevi il materiale di Domitilla, ne riparliamo.

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