E’ passato più di un mese dal 21 maggio, il giorno in cui mi sono operato. Alla fine dopo tutte le analisi mia hanno tolto un pò di colon e la coliciste che, dalla TAC, avevano visto che non era conciata bene. La biopsia ha stabilito che era un adenocarcinoma con un nodo linfatico toccato dalle cellule tumorali. Questo l’ho visto come un problema poiché mi obbligherà a fare una chemioterapia per ridurre le possibilità di eventuali recidive.
Ma a parte quesa sintesi piuttosto tecnica mi rimane una sensazione di fondo che mi fa sentire stonato. Io, pur essendo consapevole della serietà della mia malattia, ho un atteggiamento di chi affronta le cure come una temporanea riparazione del proprio corpo, mentre le persone, i medici, i parenti hanno nei miei confronti un attegiamento di compatimento come se fossi colpito da una “triste sciagura”.
Me ne accorgo anche dalle parole. Io dico che ho una malattia seria, ossia non deve essere sottovalutata, può essere fastidiosa ed anche dolorosa, può addiritura essere causa di morte; ma per me è solo una malattia seria. Da altri ne sento parlare come una malattia grave; ossia sembra come che nella malattia ci sia inclusa una modifica di atteggiamento, come se sorridere, pensare, progettare, godere siano delle cose “mangiate” dalla stessa malattia. Sembra assurdo ma trovo attorno a me persone decisamente più tristi ed afflitte di me per questo mio stato.
Poi ci sono tutte le cose pratiche che mi ricordano, appunto, di essere in uno stato più grave di quanto mi sento. Ad esempio mi sono stupito che l’oncologo mi abbia fatto l’esenzione del ticket come una naturale conseguenza e sono esente per i prossimi dieci anni e mi parlano anche di fare domanda di invalidità!
Io continuo ad essere sereno. L’unica cosa che mi pesa è la sensazione di fatica che arriva per me sempre troppo spesso e troppo all’improvviso. Questo è l’unico motivo per cui non voglio ancora tornare al lavoro, non riuscirei a fare proprio nulla…..
E’ passato più di un mese dal 21 maggio, il giorno in cui mi sono operato. Alla fine dopo tutte le analisi mia hanno tolto un pò di colon e la coliciste che, dalla TAC, avevano visto che non era conciata bene. La biopsia ha stabilito che era un adenocarcinoma con un nodo linfatico toccato dalle cellule tumorali. Questo l’ho visto come un problema poiché mi obbligherà a fare una chemioterapia per ridurre le possibilità di eventuali recidive.
Ma a parte quesa sintesi piuttosto tecnica mi rimane una sensazione di fondo che mi fa sentire stonato. Io, pur essendo consapevole della serietà della mia malattia, ho un atteggiamento di chi affronta le cure come una temporanea riparazione del proprio corpo, mentre le persone, i medici, i parenti hanno nei miei confronti un attegiamento di compatimento come se fossi colpito da una “triste sciagura”.
Me ne accorgo anche dalle parole. Io dico che ho una malattia seria, ossia non deve essere sottovalutata, può essere fastidiosa ed anche dolorosa, può addiritura essere causa di morte; ma per me è solo una malattia seria. Da altri ne sento parlare come una malattia grave; ossia sembra come che nella malattia ci sia inclusa una modifica di atteggiamento, come se sorridere, pensare, progettare, godere siano delle cose “mangiate” dalla stessa malattia. Sembra assurdo ma trovo attorno a me persone decisamente più tristi ed afflitte di me per questo mio stato.
Poi ci sono tutte le cose pratiche che mi ricordano, appunto, di essere in uno stato più grave di quanto mi sento. Ad esempio mi sono stupito che l’oncologo mi abbia fatto l’esenzione del ticket come una naturale conseguenza e sono esente per i prossimi dieci anni e mi parlano anche di fare domanda di invalidità!
Io continuo ad essere sereno. L’unica cosa che mi pesa è la sensazione di fatica che arriva per me sempre troppo spesso e troppo all’improvviso. Questo è l’unico motivo per cui non voglio ancora tornare al lavoro, non riuscirei a fare proprio nulla…..